Cosa hanno in comune i castelli di sabbia e le creme solari, oltre a essere, in maniera diversa, protagonisti delle nostre estati? La loro formula, studiata per entrambi in modo approfondito dagli scienziati. Se i fisici dell’Università di Amsterdam hanno scoperto di recente, dopo molti ludici esperimenti, qual è la percentuale ideale di acqua e rena utile per creare un castello di sabbia perfetto (che resiste a vento, cavalloni e alte temperature), i cosmetologi bilanciano gli ingredienti contenuti in una crema solare come fossero dei grandi chef. Il fine è ottenere formule che difendano correttamente dalle radiazioni solari senza essere appiccicose o lasciare aloni bianchi e lucidi sulla pelle.
Inoltre le creme solari di nuova generazione sono calibrate ad hoc per rispondere alle mille attività svolte sul bagnasciuga.
Creme solari per bagni (in maschera)
Le donne cinesi che si bagnano nel mare di Qingdao, località turistica dello Shandong, indossano guanti e maschere sul viso in tessuto elasticizzato per proteggersi dalle radiazioni solari. In Asia, infatti, l’abbronzatura è considerata ancora un segno di appartenenza del proletariato. Forse però le signori cinesi non sanno che nuove tecnologie cosmetiche consentono di avere un’ottima protezione solare anche in acqua. Come la Wet Application, messa a punto da Lancaster, che permette di essere applicata anche sulla pelle bagnata, ideale per chi – come la modella polinesiana Hanalëy Reponty, testimonial dell’ultima linea solare Lancaster, grande appassionata di surf – passa molto tempo in mare. Un’altra rassicurazione per gli addicted di tuffi e bagni è la formula studiata dai laboratori Vichy per la pelle dei bambini. Che mantiene dopo sei bagni in mare e piscina (a contatto con cloro o salmastro) il 50 per cento delle sue capacità difensive.
Creme solari per chi si abbronza (all’ombra)
Non si può mai dire di essere al riparo sotto l’ombra di tende, gazebo e ombrelloni. I raggi solari ci raggiungono ovunque ed è provato che l’ombrellone è un falso amico perché riesce a bloccare solo la metà dei raggi. Ecco che occorre, quindi, applicare la protezione solare. E non scendere sotto un indice protettivo medio (Spf, o sun protection factor, da 20 in su). Il riparo ideale per navigare su tablet e smartphone e leggere (le attività più diffuse su una spiaggia d’estate sotto l’ombrellone) è offerto da pergolati di viti o alberi. I rami e le foglie riescono a filtrare sia i raggi Uvb sia gli Uva.
Creme solari brazilian style
Arriva dal Brasile l’ultima tendenza in fatto di creme solari. Cosmetici molto utilizzati in questo Paese, anche per andare a lavoro. Con formule messe a dura prova dalle alte temperatura e dall’umidità. Ecco perché è importante che abbiano texture piacevoli e impalpabili e soprattutto che risultino opachi sulla pelle. I ricercatori dei laboratori Pierre Fabre per realizzare formule dal tocco secco (o toque seco), che evitino di risultare lucide sull’incarnato, hanno sfruttato tutto il loro savoir-faire fotobiologico e galenico. In particolare nei Laboratoires Dermatologiques Avéne sono riusciti a diminuire del 20 per cento la concentrazione di filtri solari pur mantenendo la stessa capacità protettiva. Inoltre impiegando gli emollienti giusti hanno messo a punto creme solari efficaci e nello stesso tempo piacevoli da stendere sulla pelle. Cosmetici da usare anche in città perché ottimizzano il colorito.
Creme solari: quanto e come applicarle
Si dice che quando una crema solare da 150 ml dura 10 giorni le applicazioni sono state corrette. Ovvero 2 ml ogni centimetri quadrato di pelle. Gli italiani, secondo una ricerca Eurisko del 2011, sembra che ne stendano la metà. Dimezzando in questo modo anche la capacità protettiva del solare.
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