Mentre nuovi Paesi si affacciano al mondo della profumeria (Brasile in primis, che diventa primo mercato al mondo davanti agli Stati Uniti, e Russia e Arabia Saudita poi) i profumi sembrano riscoprire l’importanza della loro origine: il MEDIO ORIENTE. Da qui partivano fin dall’antichità le carovane di spezie e aromi, che dirette per lo più a Venezia e poi in tutta l’Europa occidentale, hanno dominato il mercato della profumeria per secoli. Da qui si riparte ora per il lancio di nuove creazioni olfattive opulenti e persistenti. Fragranze che si fanno sentire tra note di mirra e ambra, accordi speziati, vetiver, benzoino e l’incenso più caro l’OUD: i profumi orientali.
Le RAGIONI di questo ritorno in grande stile di jus di ispirazione orientale possono essere molteplici. Sicuramente il Medio Oriente è in questo momento di crisi del mercato occidentale un buon posto dove commercializzare i profumi (iniziativa intrapresa da molte case cosmetiche occidentali). Secondo ricerche condotte da Fragrance Foundation Arabia gli abitanti dei Paesi che si affacciano sul Golfo Persico – Oman, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, eccetera – sono i maggiori consumatori al mondo di profumi. Sono oltretutto Paesi con una popolazione molto giovane (ce ne sono circa 143 milioni, più del 50 per cento della popolazione ha meno di 24 anni) e molto facoltosa. Che passa molto tempo online, soprattutto su Facebook (che ha crescite trimestrali del 12 per cento, più rapide di qualsiasi altro Paese al mondo). Si è calcolato che in media ogni persona che abita in uno di questi Paesi affacciati sul Golfo Persico spende ogni mese fino a 266 dollari in profumi, fino a 370 dollari (negli Emirati Arabi Uniti) per prodotti di bellezza. Le donne sono le grandi protagoniste di questo mercato: spesso costrette a casa, per motivi religiosi e culturali, acquistano volentieri su internet.
La STORIA e la CULTURA della profumeria affonda le proprie radici in queste terre. Non è un caso che è proprio qui, sulle rive del Golfo Persico, che c’è una crescita vertiginosa delle vendite di profumi. “Il profumo rappresenta per noi orientali il più importante mezzo di comunicazione”, spiega Shahazad Haider, presidente di Fragrance Foundation Arabia, “gli abiti tradizionali sempre gli stessi per gli uomini (la tonaca bianca detta thobe) e per le donne (la tonaca nera chiamata abaya) lunghi fino ai piedi e talvolta con l’uso del velo e copricapi, non ci permette certo di distinguerci gli uni dagli altri. Ma il profumo sì. Per questo occorre che la fragranza che si usa sia forte e duri a lungo”. Le fragranze acquistano così significati profondi: non sono considerate alla stregua di cosmetici ma rituali quotidiani che fanno parte della cultura religiosa di queste popolazioni.
Noi occidentali, soprattutto europei, abbiamo accolto a braccia aperte questa tendenza. Del resto, abbiamo sempre ceduto al fascino dei profumi orientali. Con le fragranze L’Heure Bleue (1912) e Shalimar (1925, rilanciato pochi mesi fa con un video/colossal) di Guerlain, tra le più famose della storia, ad Ambre Antique di Coty del 1905. Con un grande successo dei jus ambrati negli Anni 80: con Poison di Christian Dior (1985), Boucheron di Boucheron (1988), Samsara di Guerlain (1989), Loulou di Cacharel (1987). E ora con: Oil Fiction di Juliette Has a Gun, Armani Privé Myrrhe Impériale di Giorgio Armani, Bullion Eau Del Parfum di Byredo, Versace Pour Femme Oud Oriental, Velvet Desert Oud di Dolce & Gabbana, Musk Oud by Kilian, Valentina Oud Assoluto di Valentino, Fate di Amouage. E grandi classici che ritornano come Opium di Yves Saint Laurent.
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